Strada è una parola bellissima. È legata al concetto di strato che, uno sopra l’altro, arriva all’ultimo – il più pregiato – quello davvero capace di consegnare una via all’eternità.
Guardando al futuro del mondo del lavoro mi viene da dire che in quella eternità di nuove evoluzioni stiamo già camminando. Lo vedo quando guardo indietro, quando guardo al presente dentro a fenomeni come Great Resignation e Quiet Quitting – anche grazie alla ricerca indipendente Knowledge worker e futuro del mondo del lavoro – e quando guardo avanti attraverso le parole di organizzazioni e professionisti con cui ho dato vita a questa serie di interviste (e non solo le loro).
Queste sono parole di raccolta, ma giuro che sarò breve. Racconto tutto in 6 punti, conclusioni incluse.
Per chi è interessato, di questa strada evolutiva delle organizzazioni se ne parlerà a Milano il prossimo 15 marzo, se ti va prendi posto. Intanto, ecco i principali dati emersi dalla ricerca “knowledge worker e futuro del mondo del lavoro” e da altre cose che sono successe nel frattempo:
1. I knowledge worker vogliono rimanere competitivi sul mercato
Dalla ricerca emerge con chiarezza che scarsa possibilità di crescita, limitato accesso alla formazione e un ambiente di lavoro statico sono le cause principali dell’insoddisfazione generale che respirano molti professionisti in Italia. Immobilismo, rigidità e controllo sono rappresentazioni di una forma di lavoro superata e superabile, poco allineata con il dinamismo e la complessità dell’oggi che molti knowledge worker sarebbero felici di cavalcare per partecipare attivamente alla costruzione di una proposizione di valore più allineata con i reali bisogni del mercato, alla loro crescita professionale e a quella dell’organizzazione in cui operano.
Il lavoro, in linea generale, ha assunto un nuovo valore nella vita dei professionisti. La voce di Ilaria Mauric ne traccia un approfondimento.
2. La digital transformation, quella che può sinceramente aiutare persone e organizzazioni a fare meglio, è ferma ai blocchi di partenza
Stando alla ricerca, negli ultimi due anni – anche a causa della pandemia e delle relative misure di sicurezza – quasi tutte le organizzazioni hanno dovuto aggiornare la geografia degli strumenti in uso, ma ben poche sono riuscite a superare la digitalizzazione del vecchio modo di lavorare per crearne uno più adatto a una modalità distribuita del lavoro. Oggi questo non è più sufficiente per il benessere e la sostenibilità individuale e collettiva.
Come scrive Ilaria Monteverdi cambiare abitudini è difficile, ma con la giusta pratica si possono raggiungere grandi risultati. Lo speciale OKR di Kopernicana è disponibile qui.
3. Tornare alla “normalità” non è possibile
Lo smart working, conosciuto dai più durante la pandemia da Covid-19, è considerato una grande opportunità. Le migliori performance lavorative e l’aumento della qualità della vita sono vantaggi che faranno dello smart working una condizione irrinunciabile per il prossimo futuro; soprattutto se si considera che le criticità emerse dalle prime pratiche di lavoro distribuito possono essere risolte o lenite progressivamente attraverso una nuova cultura del lavoro e un modello operativo più funzionale a questa nuova forma di collaborazione.
Pur rimanendo fondamentale il contributo dell’essere umano nell’evoluzione di ogni organizzazione, qua lascio le parole di Carlo Sebastiani su Metaverso e futuro del mondo del lavoro.
4. I tratti di un nuovo mondo del lavoro sono chiari. Fenomeni come le Grandi Dimissioni lo dimostrano, ma cosa cercano i professionisti oggi?
Collaborazione, fiducia e responsabilità sono le parole chiave della loro visione del futuro che si configura come un sistema aperto e adattivo, fatto di scambi e crescita che passano dall’interno all’esterno dell’organizzazione e dalla teoria alla pratica, senza soluzioni di continuità. Da qui un nuovo ruolo per la vision e la mission aziendali che possono davvero diventare bussole per lo sviluppo dell’intera organizzazione e per i professionisti che potranno contribuire in modo più sincero ed efficace al raggiungimento di obiettivi aziendali chiari e condivisi.
Questa visione umanocentrica del futuro del mondo del mondo, porta a Daria Iafolla e alle sue parole sull’importanza del fattore umano. Ascoltatele con attenzione.
5. La mappa dei cambiamenti da affrontare per raggiungere quello che oggi i knowledge worker intervistati chiamano “futuro” del mondo del lavoro esiste già
Nuovi modelli di leadership, visione d’impresa, relazione con il mercato, obiettivi aziendali chiari e condivisi, armonia operativa e un ruolo più centrale per ogni collaboratore emergono come i principali ambiti di cambiamento su cui intervenire. Per un dettaglio maggiore di questi temi, vi lascio alla lettura del capitolo 3 della ricerca Knowledge worker e futuro del mondo del lavoro.
Per un ascolto dedicato ai temi della leadership e degli extreme contracts lascio in sottofondo Gaetano Mazzanti e Jacopo Romei.
6. Conclusioni
Le conversazioni a cui questi dati, questa ricerca e i trend internazionali possono portare sono davvero tanti, ma c’è un dato che mi preme ricordare più di ogni altro: la tecnologia è importante, il design delle organizzazioni pure, il modo in cui le attività nascono e si sviluppano altrettanto, ma prima di avviare qualsiasi percorso evolutivo, è sempre bene conoscere nel profondo il proprio contesto sia da un punto di vista dei criticità che delle opportunità.
In contesti complessi La Soluzione non esiste, ma si può trovare e testare la miglior soluzione possibile per quel sistema in quel dato momento.
La ricerca qualitativa è capace di far emergere informazioni strategiche importanti su cui costruire nuove versioni di sé stessi.
Per chi ha piacere di farsi una chiacchiera, il primo appuntamento è a Milano il prossimo 15 marzo (previa prenotazione).
L’immagine di copertina è un regalo di Johnson Wang